Il telefono solidarietà Aids Medicina Democratica, N.51, Aprile 1986
Nella seconda metà di novembre del 1985, per intervento dell’Associazione Solidarietà Aids, ha preso il via l’iniziativa di un servizio telefonico con lo scopo di offrire consulenza ed assistenza, verificare il grado di divulgazione e/o distorsione delle notizie sulla sindrome da immunodeficienza acquisita, e valutare il livello di efficienza e funzionalità delle strutture sanitario rispetto alle richieste degli utenti.
Operatori sanitari e personale competente risponde a quesiti, fornisce delucidazioni e consigli pratici, ascolta con attenzione tutto ciò che ha a che fare col “continente Aids”, dagli aspetti più squisitamente medici agli inquietanti risvolti psicologici. Rivolgendosi prevalentemente alla popolazione gay il servizio ha cercato di svolgere anche una funzione di diffusione e penetrazione del messaggio preventivo all’interno dell’ambiente gay, oltre a voler rappresentare l’inizio di un programma più articolato che prevede la creazione di veri e propri punti di riferimento specifici.
Dati relativi all’utenza e alla domanda Le chiamate giungono per lo più dalla provincia di Milano (75% - Milano città 68%), seguita da Como e Varese, ma non mancano telefonate dal capo opposto del Paese (ad esempio, Catania e Bari). L’età media degli utenti è di 34 anni, con un minimo di 18 e un massimo di 70. La fascia d’età più rappresentata è quella tra i 21 e i 30 anni (47,5% - i trentenni sono in assoluti i più numerosi), segue quella tra i 31 e i 40 (22%), quindi tra 41 e i 50 (13,5%). La quasi totalità dei soggetti è di sesso maschile: 91% contro il 9% di donne. In ordine alla preferenza sessuale, si dichiara gay il 62%, 24% eterosessuale e il 14% bisessuale (in gran parte omosessuali sposati). La percentuale di gay sale al 66% mentre scende al 19% quella di eterosessuali, se si considerano solo i maschi, poiché le donne sono quasi tutte eterosessuali.
Riferisce sieropositività il 9,5% di individui, di cui l’82% gay, cui va aggiunto l’1% di affetti da sindromi correlate. I tossicodipendenti costituiscono il 4,5% del totale, i partner di tossicodipendenti il 6%, la quota di gay tossicodipendenti è lo 0,9%.
Riguardo alle richieste la frequenza maggiore concerne le notizie sul test per la rilevazioni degli anticorpi. Dove sottoporsi all’esame, modalità di screening, precisazioni sul significato di sieropositività e sieronegatività, sul periodo di tempo intercorrente tra contagio e positività, rapporti tra formula leucocitaria e risultati testali, condizione di “portatore sano”, sono gli argomenti più dibattuti e sui si focalizza l’attenzione. Il rischio collegato alle varie pratiche sessuali (coito anale, contatto urogenitale, bacio salivare) con le possibilità di adozione di misure profilattiche rappresenta il secondo ambito principale di domanda.
I quesiti si sono poi indirizzati sull’informazione generale dal punto di vista epidemiologico e delle altre modalità di trasmissione. Un certo numero di soggetti sieronegativi o non testati ha esposto una sintomatologia aspecifica e talora del tutto irrilevante arbitrariamente interpretata quale espressione di patologia da Aids. >/p> Alcuni hanno pure espresso preoccupazione per la possibilità di schedatura dei sieropositivi, unitamente al bisogno di rivolgersi a centri di analisi rispettosi dell’anonimato. Assai pochi i donatori di sangue che hanno posto il problema, un solo trasfuso (sieronegativo) ha manifestato il timore di conseguenze sgradite. L’espressione della paura del contagio, pur con notevoli variazioni, è piuttosto diffusa nell’utenza, e altrettanto l’esigenza di rassicurazione, colloquio fiduciario, a volte contatto diretto per un sostegno psicologico. Una piccola parte di individui ha chiesto notizie sull’ambiente gay senza relazione con la problematica Aids. Telefono Gay e stampa
Il successo dell’iniziativa è discreto, tenendo conto della scarsa pubblicizzazione. Le punte di massima frequenza di chiamate, del resto, si sono avute in occasioni di articoli giornalistici. L’indubbia validità sociale del servizio attende d’esser riconosciuta dalle autorità politiche e sanitarie, i cui movimenti appaiono “legati” dal disorientamento morale e da una certa diffidenza. Gay e operatori sanitari Difficoltà relazionali tra medici e gay agiscono e si intensificano nel caso in esame, poiché la disapprovazione etica o il pregiudizio, veri e presunti, sono in agguato e conducono a condotte difensive di negazione, minimizzazione, spostamento e deformazione dei sintomi da parte dei pazienti gay. In ogni caso la comunicazione è depauperata dalle aspettative negative, spesso confermate purtroppo, a causa della parzialità e dell’ignoranza di molti sanitari. Recentemente i professori Parnaud e Bauer di Parigi hanno posto in evidenza il problema fondamentale del “rapporto” tra soggetto omosessuale e operatore sanitario, a proposito di affezioni intestinali favorite da determinate pratiche. Essi rilevano che l’intervento medico venga richiesto di rado o addirittura fuorviato per nascondere la localizzazione delle lesioni. La dimensione di “male sociale” dell’Aids non può che aggravare la situazione e rendere più complesse le scelte oggettivamente più logiche e fruttuose. Intensificare lo sforzo informativo e preventivo Tali considerazioni avvalorano il tentativo di creare contesti favorevoli alle persone omosessuali, quali il servizio telefonico e i consultori per gay, al momento soltanto ipotetici. Si tratta, in realtà, di perseguire il trapasso dalla colpa alla responsabilità attraverso la consapevolezza. Più che di neutralità del mezzo telefonico, la dichiarazione di omosessualità da parte degli operatori addetti al telefono “solidarietà Aids” ha permesso l’instaurazione di una modalità più fluida e confidenziale di comunicazione. Occorre tener conto, naturalmente, delle caratteristiche psicologiche degli utenti anche dal unto di vista motivazionale. Vi sono individui interessati più all’esibizionismo, l’autocommiserazione, spunti ipocondriaci, autorizzazione all’incoscienza, che non ad ottenere informazioni utili. Componenti ansiose e tratti nevrotici di personalità possono spingere alla richiesta di notizie adulterate per reazioni difensive e utilizzate a rovescio rispetto allo scopo dichiarato. Lo spazio di una telefonata non consente di approfondire al di là di un dato limite, tuttavia ciò che emerge dai contatti con chi si è rivolto al “telefono gay” conduce a ritenere basso il livello di conoscenze e alta invece la confusione sulle problematiche correlate all’Aids. Mattia Morretta