La povertà sessuale: se l'Italia piange, la Spagna non ride
A Siviglia, su una mensola in penombra, in uno dei pochi bar aperti intorno alle 23 (quasi uno scandalo nella Spagna delle notti brave) nella zona a maggior concentrazione di locali gay, in mezzo a cartoncini, biglietti, cartoline con pubblicità di feste e serate tipiche, trovo un opuscolo di stampa recente sul rischio venereo e me lo infilo in tasca per vagliarne i contenuti alla luce del giorno: Entre nosotros: usa preservativo.
A conferma della prima impressione circa le scelte grafiche, constato l’indomani che si tratta di materiale prodotto più per convenienza politica che non per lo scopo dichiarato, ammesso che ci si possa ancora affidare allo strumento delle brochure divulgative per i frequentatori di ambiti votati al divertimento.
Tutto sommato è migliore dell’ennesimo dépliant del Ministero della Salute italiano, in “distribuzione” (si fa per dire) nei circuiti gay, nato imbalsamato per l’oscurantismo ideologico vigente in Italia su omosessualità e Aids.
Da noi si parte ogni volta da zero (che è comunque il livello reale del pensiero sull’infezione da Hiv), ci si rivolge a “tutti” per non evocare o discriminare “categorie” e ci si limita a fingere di volersi occupare delle problematiche sanitarie correlate al comportamento sessuale.
Infatti, dopo aver annunciato la documentazione sulle “altre” malattie, vi si accenna in due o tre righe generiche e inservibili, frasi che fanno rimpiangere i silenzi ipocriti.Il testo spagnolo almeno parla direttamente agli omosessuali, o meglio a chi pratica l’omosessualità, pur facendo concessioni alle terminologie imposte dagli epidemiologi: si può credere che la definizione “uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini” sia più efficace in termini preventivi e raggiunga quanti non vogliono riconoscersi “gay”?!
Ma chi legge, a parte gli asini, gli opuscoli in saune, discoteche e labirinti per hard sex? E chi va in una libreria specializzata o in un circolo sociale, perché dovrebbe preferire una denominazione alternativa un po’ riduttiva?
Dappertutto, purtroppo, si corre dietro alla moda e si diffondono nuovi luoghi comuni, senza mai spiegare e approfondire i concetti che sottendono i vocaboli e le formule. Comunque, gli estensori vanno al sodo invitando già nel titolo all’uso del preservativo e ripetendo più volte il monito all’interno.
Fa effetto che su una delle copertine campeggino tre volti di uomini di età media in posa, con nome e cognome, personaggi che mirano ad avvalorare la credibilità del messaggio per i gay e intanto si autocelebrano con vanità.
È il Ministerio de Sanidad y Consumo (?) del Governo Spagnolo a pagare il conto e dare il patrocinio, ma i promotori sono in pratica tutte le realtà associative gay del Paese. Si fa fatica a fare il conto e si resta con un palmo di naso alla fine pensando al topolino uscito da cotanti elefanti.
Serve un’intera facciata per elencare oltre 70 recapiti telefonici gay, 2 telefoni nazionali di informazione gratuita, 42 sigle di ONG del Movimiento LGTB, 8 Coordinamenti gai-lesbiana; 8 Fundaciόn Triangulo, nonché 15 numeri della Federazione Spagnola COLEGAS.
D’altronde, è una campagna di prevenzione del VIH e vanno fatte sfilare tutte le forze schierate in campo.
Fra tanti attivisti politici non c’è n’è uno che osi avanzare un dubbio, non dico una critica, riguardo allo stile di vita gay fondato su promiscuità e consumismo erotico, non si trova una notazione sui pericoli specifici dei contesti di azione omo-sessuale (eppure, in epidemiologia è un dato acquisito l’importanza del bacino e delle condizioni favorenti), non un incoraggiamento a boicottare il mercato del sesso o a ribellarsi al destino di preda di microbi e case farmaceutiche.
Sia benda sugli occhi per superficialità, siano forse interessi comuni con l’imprenditoria commerciale di settore, il risultato è lo stesso: non si possono descrivere con neutralità e obiettività i rischi, e ci si deve limitare perciò alla consueta riduzione degli inevitabili danni.
Anche per gli spagnoli, a distanza di decenni, sembra tuttora obbligatorio l’elenco canonico delle modalità di trasmissione dell’Hiv, non tralasciando la “via materno-fetale” che c’entra come i cavoli a merenda visto che ci si rivolge a maschi gay/bisex; così pure la rassicurazione circa la non contagiosità del dar la mano, delle docce pubbliche o delle punture di insetti (!!).
Qualcosa di meno scontato compare qua e là, ed è la spregiudicatezza che origina dal conoscer bene i propri polli e sapere che in parecchi son già sieropositivi o sospettano di esserlo.
Pertanto, dopo aver affermato la necessità del ricorso al profilattico, si danno per scontate l’inapplicabilità delle norme e le resistenze dei singoli, cui si chiede di operare scelte nei compromessi dell’esposizione, mentre si soprassiede sul ruolo che dovrebbe e potrebbe giocare la collettività o il gruppo gay nel sostenere i comportamenti virtuosi dal punto di vista igienico sanitario.
Si enumerano anzitutto le molteplici e comprensibili cause dell’aumento delle pratiche non sicure e delle diagnosi di infezione, tra cui: la “stanchezza” nell’utilizzo del preservativo, la minor percezione del rischio col passare degli anni, la “vivencia lejana del VIH” nei più giovani.
Verrebbe da dire: dove erano prima e dove sono adesso gli autori? I leader e le associazioni gay non hanno responsabilità? La colpa della disinformazione e del silenzio è sempre dello Stato?
Si prosegue rilevando che oggi è più probabile fare sesso con uomini affetti da qualche patologia, visto l’incremento dei casi nell’ultimo periodo. Quindi si attribuisce all’individuo il potere di decidere quanto rischiare e cosa sia meglio per ciascuno nel merito della condotta sessuale, ricordando agli Hiv positivi la possibilità della re-infezione.
Di seguito la traduzione di alcune indicazioni ai confini del favoreggiamento: “Se decidi di non usare il preservativo nonostante il rischio concreto di infettarti-reinfettarti, devi sapere che: è più facile che ti infetti/reinfetti nel ruolo passivo – evita che ti eiaculino nel retto; puoi ridurre, non eliminare, il rischio ricorrendo a grandi quantità di lubrificante, sia che sia tu a penetrare che a esser penetrato; per la felaciόn puoi usare un preservativo o evitare l’eiaculazione in bocca – non lavarti i denti prima per non produrre lesioni in bocca – se ti eiaculano in bocca, non ingoiare il seme e sciacquati solo con acqua, non con alcolici o liquidi abrasivi”.
C’era bisogno di esperti per ratificare il non senso comune dei sesso-dipendenti?
Alle altre infezioni a trasmissione sessuale viene dedicato un piccolo paragrafo con nozioni vaghe e in sostanza la raccomandazione di vaccinarsi per le epatiti A e B. Di fatto si ha in mente ciò che più conta in termini di minaccia alla vita e di conseguenze, cioè l’Hiv; pertanto si sottolinea che il rischio di contrarre l’Hiv è “10 volte maggiore quando ci sono malattie come la sifilide e la gonorrea” e che “una infezione non trattata rende più vulnerabili all’Hiv”.
Dunque: “È possibile che paura e vergogna ti paralizzino, però conviene che tu ti rivolga al medico curante o a un Centro MTS quando noti qualche sintomo”. Inoltre: “Se sei Hiv positivo, diagnosticare e trattare una patologia venerea è molto importante per la tua salute”.
All’abuso di sostanze, che “predispone a pratiche non protette”, son riservate 7 righe in tutto. Non badando alla contraddizione implicita si asserisce: “Prima di fare sesso pianifica e stabilisci i limiti necessari. Se sei Hiv positivo, le droghe possono alterare l’efficacia delle cure o modificarne gli effetti”.
Infine, un capitolo vero e proprio per la fascia degli Hiv positivi accertati o probabili, che costituiscono ovunque mine vaganti e al contempo vittime designate delle battaglie microbiche per via sessuale. Si ammette che aumentino i sieropositivi che "non sanno di esserlo", il che impedisce loro di esser consci del pericolo per se stessi e per i partner, oltre a non poter giovarsi del trattamento antiretrovirale.
Si tiene conto delle voci di popolo circa la non contagiosità di quanti hanno la carica virale bassa o minima, ammonendo di non dar credito a tale “falsa sicurezza” perché la riduzione di trasmissibilità non significa eliminazione del rischio di contagio.
Per dare un altro colpo al cerchio e uno alla botte si conferma “il diritto a comunicare o no lo stato sierologico” e a non esser sottoposti al test “senza consenso”, spingendosi fino ad argomentare su “il diritto e la responsabilità di usare il preservativo”. Non è un lapsus, diritto al posto di dovere, è la “filosofia” dei garantisti che chiamano libertà la licenza di fare e farsi male.
E a proposito delle Biancaneve che ignorano di aver mangiato la mela avvelenata ci sarebbe da chiedere: dove vivono gli incoscienti? Nelle caverne, in remote isolette, nelle dark-room? Non leggono e non si informano, oppure non ne sentono mai parlare?
La verità è che non sanno perché non vogliono saperlo, e l’intero mondo gay non aiuta in alcun modo la presa di coscienza perché considera l’Hiv e le malattie veneree un tabù.
È tra omosessuali che non si parla della tematica e regna l’omertà più malavitosa, che spinge troppi nelle braccia dell’impostura e dell’autolesionismo (non fare accertamenti, tacere la diagnosi, fingere salute, negare l’evidenza).
Quante somiglianze, allora, tra i gay italiani e gli spagnoli, i quali paiono più avanti soltanto perché saliti sul treno in corsa del potere politico. Destinazione? Sanatori per i poveri del sesso
Mattia Morretta (2008)