Assistenza psicologica alle persone sieropositive e con Aids Convegno “Le nuove problematiche in tema di infezioni correlate alla tossicodipendenza”, USSL 44 (Brescia), 12 marzo 1990
L’assistenza psicologica non va intesa come garanzia di interventi specifici da parte di specialisti (psichiatra, psicologo, consulente sessuale), ma anche come contesto sociale (ambiente in senso proprio) che fa cornice all’incontro con le persone sieropositive e come attitudine mentale nei loro confronti.
Assistere significa infatti stare vicino, essere accanto, ed implica un movimento intenzionale verso l’altro. C’è bisogno di sapere che almeno chi ha il compito di occuparsi del problema Aids nei servizi pubblici abbia un atteggiamento consapevole, rispettoso e comprensivo.
Ciò vuol dire che gli operatori devono aver acquisito informazioni sufficienti sui differenti aspetti del problema (sanitari, psicosociali, legali, ecc.), essersi familiarizzati con le caratteristiche culturali dell’utenza, aver riflettuto sulle difficoltà della relazione in termini di strategie e contenuti. Il personale addetto deve cioè sapere quel che fa, di cosa si occupa e possibilmente anche perché, per poter lavorare con cognizione di causa e in riferimento ad uno standard qualitativo.
Le persone con Aids hanno soprattutto bisogno di accoglienza e accettazione, di essere abilitate alla conoscenza, incoraggiate ad auto-determinarsi e ad acquisire nuove abilità nel controllo dell’esistenza e della condotta. Il soggetto sieropositivo non può diventare ricettacolo di fantasie di catastrofe, fallimento ed inevitabilità (il fatalismo che annulla il senso della presenza nel mondo); ha diritto a definire il proprio territorio di problemi emozionali e difenderlo dalle ingerenze e proiezioni della comunità.
La persona va accompagnata, il che comporta che l’accompagnatore sappia farsi da parte per permettere all’altro di emergere, di diventare protagonista del proprio stato, di conservare autonomia ed identità giovandosi al contempo dell’arricchimento fondamentale della relazione.
L’aggregazione e l’organizzazione in gruppi di auto-aiuto risponde a molte delle esigenze dei diretti interessati, fornendo supporto emozionale alla pari, garantendo possibilità di confronto e apprendimento, ristabilendo il sentimento di appartenenza e valorizzando il presente come dimensione da vivere e da riempire di significato.
Mattia Morretta (1990)