Edonismo? No, grazie
Godo dunque sono?
Nei confronti della sessualità nei vari periodi storici vi sono state continue oscillazioni di permissività e restrizione.Per limitarsi ai secoli più recenti, al rigore estremo dell’epoca vittoriana è seguito un processo costante di liberalizzazione del sesso che, con il concorso delle scienze, ha portato al consumismo attuale.
L’istanza sessuale ha invaso il campo sociale e abbiamo assistito al bombardamento dei sensi, all’incitamento a sessualizzare l’esistenza: non tanto un invito a praticare di più, quanto a riconoscere nella sessualità l’essenza dell’essere umano.
Che si faccia l’amore oggi più di ieri è forse piuttosto un’impressione che un dato di fatto; tant’è che ogni anno il numero di matrimoni bianchi, cioè non consumati, è tutt’altro che esiguo. Non è questo il punto.
L’Occidente ha reso l’uomo un mostro sessuale e lo ha indotto a rivolgersi al sesso quando è in gioco la verità o il desiderio di sapere chi egli veramente sia. Il piacere sessuale è divenuto ragione di tutto, causa di qualsiasi cosa e motivo ultimo di ogni azione.Capita di sentirsi in colpa perché si “funziona” male sessualmente o perché non si sa godere, in quanto la logica del produttivismo ci ha resi estremamente sensibili anche ai più lievi fallimenti. Eppure, è assai dubbio che, trasformandosi in ragionieri del piacere, si riesca a vivere pienamente l’erotismo.
Il fatto è siamo bersagliati da stimoli contrastanti e ci sentiamo spesso confusi riguardo al sesso senza sapere il perché.L’insistenza sulla performance quantitativa (contabilità dell’orgasmo) finisce per scoraggiare dall’esercizio effettivo, oppure porta a un disperato atletismo.
Anche l'enfasi sull’elevata qualità necessaria all’amplesso, oppure dell’Amore con a maiuscola, e la retorica dell’amarsi con tutto il corpo sembrano destinate a produrre rinunce e ipocrisia. Si viene perciò sospinti dal disimpegno al dovere e dal rigore all’irresponsabilità. Da una parte vi sarebbe il gaudio fisico senza limitazioni, dall’altra il sentimento come limite del libero godimento. In definitiva, per quanto liberi da condizionamenti si possa essere, ai nostri giorni non si può cercare il piacere prescindendo dal modello efficientistico che ci rende simili a esattori delle tasse nell’intimità. Allo stesso modo non si riesce a pensare all’amore che come a una banca degli affetti o a un contratto destinato ad annoiare. Un tempo, quando ci si sposava per interesse, era normale ritenere il piacere estraneo all’unione matrimoniale. L’istituzione assicurava la discendenza, il patrimonio e il bastone per la vecchiaia. Il godimento si cercava altrove: nell’attimo fugace o nell’avventura nel mondo extradomestico, perché il coniuge era poco più di un socio cui spettava una quota o il minimo sindacale. Da quando la coppia si basa sulla scelta affettiva (il che non significa che interessi economici e sociali non vi abbiano parte) è sorto il problema di come conciliare il piacere con l’affetto, come far convergere gratificazione fisica e sicurezza. I “partner” sono chiamati ad analizzare le manchevolezze delle loro unioni sessuali e a porvi rimedio, esigendo la soddisfazione erotica quale diritto e convalida del legame. La “miseria” sessuale è infatti passata di moda e la coppia deve saper gestire il sesso in maniera redditizia al pari del bilancio finanziario. Per questo l’intesa sessuale è diventata al contempo una meta e un ideale per la sana vita coniugale. Ecco dunque che si riscopre il corpo, si studiano le tecniche più in voga per fare correttamente l’amore e si condisce ogni gesto con un pizzico di erotismo. Lo insegna la pubblicità, anche mangiare un cracker di mattina può essere un vero e proprio momento di lussuria. E chi non ce la fa? Chi non è poi così giovane né così aitante? E il lavoro e le tasse e i figli? Niente paura: c’è chi può farti ricrescere i capelli, far sparire le rughe, tonificare i tessuti. Del resto e al limite, si può essere anche poveri, purché belli. Inoltre, si può sempre ricevere a casa il manuale per tutti e per nessuno, e in edicola i romanzetti rosa insegneranno cos’è il vero amore. La vita è un’occasione di cui approfittare: godere, godere! Più che si può, finché si è in tempo! L’egoismo, insegna la sessuologia, è il solo modo per essere buoni e altruisti a letto. Occorre imparare a sfruttare le opportunità di piacere disperse nella giungla della competizione e dello stress. Questione di stile e di intelligenza pratica. Il sesso? Un gioco da ragazzi, e, se seguirai le istruzioni, otterrai il massimo spendendo il minimo. Seta, specchi, incensi e afrodisiaci, la vestaglia sexy e il reggiseno con incrocio magico, lo slip dei vent’anni anche se ne hai cinquanta, oppure il sesso ecologico con odori e afrori, il sesso “animalesco” del pastore o del boscaiolo, un ritorno alle origini. Per i patiti del computer sono previsti i pornovideogiochi e le web cam. C’è tutto e il contrario di tutto. La giusta dose di piacere e dis-piacere Qual è la destinazione? C’è da chiederselo con un po’ di preoccupazione. Possibile che a questa messinscena dell’edonismo postmoderno non si possano opporre che l’amoruccio vecchio stile, la coppia camera a gas o la morigeratezza menzognera? Credibile che al godimento “libero”, quello che si apprende sull’abbecedario di certa millantata sessuologia punto per punto lettera per lettera, faccia da contraltare sempre e solo la melensaggine di passioni da telenovela o il richiamo cattolico a un calcolato e pretestuoso rispetto della dignità umana? Il piacere per il piacere! E sia, ma quale? Quello dei film di quarta categoria spacciati per opere d’arte? O quello della signora che pubblicizza il chewingum senza zucchero trovato finalmente dopo anni di attesa? L’ironia forse ci salverà dal prenderci troppo sul serio quando parliamo di “edonismo”. Aspirare a una vita gradevole equivale a inebetirsi e a smettere di pensare? Certo, il moralismo in campo sessuale fissava in modo arbitrario il momento giusto e il contesto adatto per godere senza dannarsi l’anima o macchiarsi la coscienza. La regola del “prima il dovere e poi il piacere” rendeva ogni gaudio oscuro, contaminato e in fondo misero: lo sporco segreto e il debito coniugale. Era sempre troppo presto o troppo tardi per la gratificazione fisica, tanta l’apprensione e tali le precauzioni da adottare per salvare la stima di sé. Uniche vie d’uscita erano il peccato e la trasgressione; ma solo in apparenza, poiché il terreno era minato da un’ideologia che permetteva di scoprire il piacere solo dove era stato prima nascosto, come fa la mamma con la marmellata. Sicché, una volta gustato il frutto proibito, non restava che la colpa con la lacrima facile; insomma, una vittoria di Pirro che restaurava l’ordine e confermava i valori morali. E oggi che dietro il piacere non c’è più niente e che le cose sono soltanto cose senza altro significato, cosa rimane per scongiurare la noia? Si deve rincorrere l’istante di felicità, garantirsi la fuga dalla monotonia lavorando alla catena di montaggio del sesso per dimenticare i problemi? Così pare, secondo la logica del cosiddetto benessere. Date spazio alla fantasia, evadete! È il senso del limite, della fine vicina che ci spinge a “cogliere il giorno”? La guerra atomica, le centrali nucleari, l’inquinamento atmosferico, la minaccia del medio-oriente, la corruzione, la violazione dei diritti umani… E allora, tanto vale vivere alla giornata, “del doman non v’è certezza”! Sicuro che sia così, che sia questa la via? E l’alternativa è tornare a vivere in una valle di lacrime? Non si tratta di scegliere tra un’isola tropicale adesso e un paradiso dopo la morte, ma di trovare una maniera per accettare la quotidianità senza subirla né venir schiacciati dal suo peso. La realtà è anche piacevole e molto dipende dal nostro atteggiamento. Proprio il tentativo di sottrarsi alla sofferenza legittima e di non affrontare le difficoltà presenti nell’esistenza ci fa ammalare di nostalgia o di futurologia. Ci sono persone che dovrebbero perdere la testa per cominciare a vivere con pienezza la sessualità e l’amore. Un razionalismo rigido impedisce loro di accorgersi dei piaceri disponibili subito. Pensano solo in termini di accumulo e risparmio, mummificandosi in un eterno rinvio. Al massimo rimpiangono i piaceri del passato o si prospettano quelli che potrebbero avere in un remoto futuro. Intanto chiamano vita la gabbia in cui vegetano e si sono rinchiusi. Altre, nell’ansia di sconfiggere la prospettiva del dolore e della morte, abbracciano la causa della superficialità e dei godimenti effimeri. In verità, nella foga di procurarsi l’ebbrezza di momento in momento perdono il senso della continuità. Abbandonarsi al fluire della vita non vuol dire né cristallizzarsi in un presente sempre uguale a sé stesso né chiedere di abitare su una nuvola tutta rose e fiori. Al contrario, comporta l’accettazione della solitudine, della sofferenza e dell’infelicità di un percorso di crescita. Proprio riconoscendo la natura mutevole delle cose e non rifiutando l’impegno e la serietà possiamo diventare protagonisti di ciò che proviamo, perché nell’esistenza non è questione di godere o soffrire, bensì di vivere interamente. Quando si ha stima di sé stessi diventa pressoché impossibile sprecare il proprio tempo, le esperienze acquistano un senso e una misura, perché ciascuno è un individuo irripetibile con orizzonti e progetti specifici. Un eccessivo “edonismo” tende a bloccare lo sviluppo e a far credere di puntare al massimo mentre ci si accontenta di ben poco. Se avessimo il coraggio di guardar meglio, scopriremmo di agitarci in un bicchier d’acqua convinti di nuotare nel grande mare del godimento. Vivere non è facile, il che non implica dover restare in superficie per evitare il rischio del dolore, oppure trasformarsi in lamentevoli vittime del destino. Diceva Franco Fortini: “Sono sempre stato nemico di qualsiasi atteggiamento che tenda a togliere alla sfera della attività sessuale umana il senso della sua tragicità, che la veda solo come letizia, piacere e allegria”. Non c’è solo euforia e non c’è solo depressione. Il dolore ci aiuta a valutare il piacere e il piacere ci sostiene nel comprendere il dolore. L’essenziale è entrare nella propria vita completamente, l’importante è non essere indifferenti. Mattia Morretta Testo originale "Edonismo? No, grazie" nel Fascicolo n. 84, Enciclopedia Amare, Gruppo Editoriale Fabbri, 1987