Aids. L’oscuro effetto del contagio, 1985
6 Ottobre 2014
Vedi alla voce: amore (Enrico Barzaghi), 1990
6 Ottobre 2014

Guerra alla paura
È trascorso un anno e mezzo dall’inizio del primo gruppo di sostegno psicologico per persone sieropositive organizzato a Milano presso l'A.S.A.
Babilonia N. 59, Settembre 1988

Si tratta di un lavoro unico nel suo genere in Italia, sia in termini di durata nel tempo che in termini di impostazione metodologica. È molto difficile tradurre in discorso o rendere con poche parole la ricchezza e la complessità di tale esperienza. Molte cose non possono essere raccontate, vanno semplicemente vissute.

Per coloro che hanno avuto l’opportunità di compiere l’intero percorso dal marzo 1987 ad oggi, la sensazione è simile a quella del naufrago che ha finalmente guadagnato la terra e fatto ritorno a casa. Il ricordo della tempesta in alto mare, del dibattersi fra le onde, appare al momento sbiadito e lontano. Eppure, quella “lotta per la sopravvivenza” è ormai patrimonio consolidato a livello emozionale e mentale.
Siamo tutti consapevoli di quanti sforzi e fatiche sia costata la relativa serenità del presente. Leggerezza di una normalità conquistata pezzo per pezzo, con determinazione.

I gruppi di supporto sono universalmente considerati lo strumento più efficace dal punto di vista socio-psicologico sia per i malati di Aids che per i soggetti sieropositivi. È frequente, infatti, che la persona sperimenti un profondo sentimento di isolamento anche indipendentemente da eventuali reazioni negative da parte del suo entourage. Sentimenti di colpa o di indegnità, uniti alla convinzione che nessun altro possa davvero comprendere il trauma emozionale della sieropositività, portano spesso ad autoisolarsi proprio nel momento in cui il contatto sociale e il sostegno affettivo sono più importanti che mai.
Tuttavia, sono pochissime le persone che sono in grado di fronteggiare da sole situazioni critiche. Ammettere questo non è nulla di vergognoso, né significa condannarsi alla dipendenza o all’impotenza.

È vero che subito dopo l’esito del test alcuni possono essere spaventati all’idea di frequentare un ambito interpersonale allargato. In genere si teme di essere “riconosciuti” o che la notizia venga divulgata, con conseguente stigmatizzazione e messa all’indice.
Molte di queste paure, però, non sono tanto dovute a considerazioni realistiche, quanto al tipo di vissuto emotivo del momento. Perciò, a meno che non esistano vere controindicazioni, la partecipazione a un gruppo di sostegno andrebbe sempre consigliata.

Il gruppo, infatti, offre l’opportunità di scambiare informazioni, confrontare opinioni e timori, avere sotto gli occhi una varietà di comportamenti e modi di reagire, apprendere “filosofie” di convivenza. Inoltre, il contesto grippale rassicura e protegge proprio mentre stimola la responsabilità dell’individuo nel privato e nel sociale.
Molti trovano più facile iniziare a combattere l’Aids e accettare i necessari cambiamenti nello stile di vita, se possono contare sul supporto e l’incoraggiamento da parte di compagni nelle medesime condizioni.

L’empatia e il reciproco rinforzo positivo sono del resto stimolanti di per sé. Le persone imparano che, nonostante le preoccupazioni e l’incertezza, possono esercitare una notevole padronanza su se stesse e sulle loro esistenze, nonché prendere decisioni cruciali riguardo al futuro e impegnarsi attivamente nella cura di sé. Non si tratta solo di correggere informazioni erronee e migliorare la capacità di critica; è in gioco anche la possibilità di occuparsi di trattamenti medici tradizionali e alternativi, approfondire la conoscenza di tutto ciò che può giovare alla salute fisica e psichica (alimentazione, tecniche di rilassamento e meditazione, ecc.).

Un aspetto fondamentale del gruppo è che esso contribuisce alla valorizzazione del presente e della fiducia nel rapporto umano. La dimensione collettiva facilita la nascita di simpatie, interessi e affetti, talora pure relazioni amorose. Intense amicizie possono strutturarsi nel tempo arricchendo e rinnovando i legami affettivi, anche e soprattutto quando questi sono carenti o insoddisfacenti.

Al contrario di quel che pensano molti, le persone sieropositive non sono per forza” disperate o perennemente angosciate. Anzi, la consapevolezza di tale particolare stato e le esperienze nel gruppo rendono sovente possibile un’allegria non compensativa Né di routine, bensì profondamente “umana”, propria di chi non rifiuta la coscienza del dolore e delle difficoltà. Accettare di confrontarsi e di mettere in discussione i problemi consente di acquisire via via più fiducia nella capacità personale di affrontare (invece di evitare) le situazioni conflittuali.

Credere nella ricerca di un individuale e comune ben-essere è più di una necessità: è una scelta morale. Nonostante il peso dell’incerto futuro, la vita può essere bella, appassionante, utile.

Mattia Morretta