I complessi sessuali
Il termine “complesso” designa nel linguaggio corrente qualcosa di imbarazzante, una sorta di paralisi in un settore della personalità, rivelando un senso di timore o di inadeguatezza nell’affrontare determinate situazioni. Non si è contenti di sé stessi, non ci si piace, ma non si riesce a venirne a capo.
In effetti, un complesso denota una disarmonia tra l’istinto e la mente a causa di "repressioni" patite nell’infanzia, che possono aver arrestato o deviato lo sviluppo psicologico.
Si sono formati così dei blocchi interiori, dei “nodi” che regolarmente vengono al pettine quando questi avvenimenti lontani e dolorosi, anche dopo molto tempo, riaffiorano in maniera incontrollata e imprevedibile.
Poiché tutti abbiamo avuto remoti conflitti infantili, non dobbiamo per questo considerarli patologici, ma dobbiamo sforzarci di conoscerli, per convivervi senza eccessive difficoltà e, se possibile, per superarli.
La psicoanalisi si diverte a elencare una casistica ai confini della comicità. Ed ecco un uomo che riesce ad avere rapporti sessuali solo con femmine con "scarso" posteriore. Da piccolo, trasgredendo l'esplicito divieto, aveva visto la madre nuda di spalle ed era stato violentemente redarguito. Il senso di colpa, associato all’eccitazione emotiva provata, l’aveva spinto a ricercare solo donne che non avessero glutei provocanti, per evitare l’insorgere del fantasma incestuoso del passato.
Un altro si rammarica del senso di umiliazione frammista a rabbia che prova ogni qual volta ha un rapporto con la moglie, donna piuttosto energica, iper-possessiva e troppo vigilante. Spesso il soggetto sporca le lenzuola con lo sperma! La madre era stata una donna sempre a caccia di segnali, che l’aveva sorvegliato e spiato sin da bambino nelle sue esplorazioni sessuali e l’aveva poi colto in fallo alla prima eiaculazione notturna, a causa della quale aveva “bagnato il letto”.
Rimasto prigioniero dell’atteggiamento sprezzante e aggressivo della figura femminile, egli si attende sempre una certa derisione da parte della partner, e ciò non fa che aumentare la sua goffaggine erotica.
Un giovane uomo, sedicente raffinato amatore, lamenta tuttavia di “non provare più nulla” una volta conquistata una donna e di non riuscire a lasciarsi coinvolgere nel rapporto, rimanendo freddo e distaccato. La madre, frustata sessualmente, aveva fatto di lui il suo gioiello, inculcandogli l’idea che tutte le femmine fossero in qualche modo disponibili, ma utili solo per vedervi riflessa la sua immagine seduttrice come in uno specchio.
Il bisogno sfrenato di ammirazione e di conferma della propria abilità seduttiva l’avevano spinto ad affinare le arti amatorie e il fascino erotico, impedendogli però contatti profondi e concreti sul piano emotivo.
Un maturo professionista non riesce a evitare di sentirsi inferiore al compito negli incontri sessuali e finisce spesso per usare maniere forti, fino alla violenza, con la partner, che si rifiuta a quel punto di continuare. Sua madre, sfrenatamente ambiziosa, aveva sempre cercato di ottenere da lui la compensazione della propria sofferta inferiorità femminile.
Come sostituto del “pene materno”, egli avrebbe tanto più potuto riscattare la madre quanto più si fosse dimostrato virile. Si era dunque convinto di poter ottenere solo con la forza ciò che non sapeva ottenere con altre qualità.
Un ragazzo appena diciottenne, dopo alcuni approcci più o meno fallimentari con coetanee, arriva a violentare una sconosciuta, e il padre non si dimostra per nulla rammaricato dell’episodio. I genitore, ossessionato dalla paura che nel figlio si manifestassero tendenze femminili (presenti in lui sul piano inconscio), aveva continuamente sollecitato il figlio ad assumere comportamenti virili, insultandolo tutte le volte che non si dimostrava all’altezza della situazione. Il senso di impotenza e la rabbia del ragazzo avevano trovato allora sfogo nell’atto violento.
Un altro giovane afferma di sentirsi in trappola e di aver voglia di fuggire o rompere quando si trova in intimità con una partner. Per questo motivo, risolve sbrigativamente l’atto ed evita di rivedere la stessa donna. E’ in effetti, carico di sensi di colpa che gli inibiscono ogni azione autonoma: la madre, malata e pronta in ogni momento a sottolineare i sacrifici e le sofferenze sopportate, l’aveva portato a vivere il sentimento come un pericolosa complicazione, simile a sabbie mobili, e a temere di danneggiare la donna, fragile come una porcellana, secondo l’affermazione materna “Se mi fai questo, morirò”.
Il timore della sensualità femminile e il sentimento di inadeguatezza spingono un piacente uomo di mezza età a preferire donne grasse, poco attraenti dal punto di vista erotico, ma rassicuranti perché “materne”.
Nei confronti delle sue partner si comporta come un bimbo bisognoso di essere nutrito, in quanto teme di perdere la potenza sessuale vivendola con donne “normali”. La madre gli aveva insinuato la convinzione d’avere costantemente bisogno di lei, al punto che senza la sua dedizione egli non sarebbe sopravvissuto.
Un padre autoritario, che terrorizzava il figlio con minacce di malattia, morte e pazzia quali conseguenze della masturbazione, aveva provocato in lui l’angoscia dell’eiaculazione. Il figlio continua a vivere, anche da adulto, la dispersione del seme come perdita di elementi vitali, addirittura della stessa identità. Cerca in tutti i modi di evitare l’eiaculazione e quando non vi riesce si sente improvvisamente vecchio.
Un altro uomo, pienamente realizzato dal punto di vista sociale e professionale, che conserva un piccolo vizio nella vita privata: prima di avere un rapporto sessuale ha bisogno di buttare sul letto un paio di calze sporche e per farlo arriva a non lavarsi per giorni. Non è mai riuscito a liberarsi dalla associazione “sesso-sporcizia” e pertanto può annullare l’angoscia solo connotando come sporco l’atto erotico grazie a un oggetto inequivocabile.
Una concezione simile della sessualità, complicata dal timore dell’abbandono al piacere, costringe un individuo a sentirsi diviso in due distinte personalità nel rapporto sessuale. E’ in pratica “spettatore di se stesso” e non riesce a lasciarsi andare, poiché è scisso in due parti: una osserva l’altra e disapprova senza mezzi termini l’animalità.
Ciò determina riduzione della partecipazione al rapporto e dell’intensità del piacere, discontinuità dell’erezione e rinvio dell’eiaculazione in quanto momento del godimento supremo e della perdita del controllo di sé. Genitori freddi e distanti, negatori di tutte le funzioni fisiologiche del corpo, continuano a dominarlo tramite un Super-io estremamente rigido.
Un giovane omosessuale è colto da attacchi di ansia ogni volta che un partner lo tocca a livello genitale. Anche nella masturbazione solitaria, le rare volte che si decide a praticarla, non può evitare una sensazione di angoscia che lo rende poi nervoso e instabile. Ha la sensazione di avere un buco nel corpo.
Esperienze traumatiche nei primi anni di vita, a partire dalle normali pratiche di igiene e accadimento, a causa della forte ambivalenza materna rispetto al sesso del figlio, avevano sviluppato in lui paura e avversione nei confronti dei propri organi sessuali.
Un trentenne di bell’aspetto finisce per allacciare relazioni sempre e solo con donne già madri. Senza esserne consapevole, è affetto da un “complesso di generazione”. Teme di poter diventare padre, e questo timore esprime la fissazione della relazione con la propria madre e la paura di competere con un altro maschio quale sostituto del padre. Come compagno di una madre, ottiene di essere “l’amante della madre” e di impersonare al contempo il proprio padre.
Un caso piuttosto tipico è quello di un uomo che ha accumulato una lunga serie di relazioni sentimentali con la medesima caratteristica: scelta di una donna già legata a un altro uomo, sia esso marito o fidanzato, che finisce per essere “il terzo danneggiato”. In quest’individuo un impulso ostile e agonistico verso l’uomo si mescola al bisogno di sentirsi tradito e al desiderio di “salvare” l’amata.
Facile rintracciare anche in questa particolare scelta, sulla scia di Freud che vi dedicò uno scritto, la fissazione infantile della tenerezza verso la madre che permette al soggetto di accedere al rapporto con la donna solo a certe condizioni. Il terzo danneggiato non è altri che il padre, poiché la madre gli appartiene quale elemento inseparabile.
Si potrebbe continuare all’infinito a elencare casi più o meno interessanti. E’ evidente che ciascuno realizza nella propria vita sessuale e affettiva un compromesso fra esigenze della realtà e della maturità e aspirazioni conflittuali infantili. Importante è trovare, grazie alla consapevolezza dei propri limiti e problemi, un equilibrio che può portare a una evoluzione e a uno sviluppo della personalità.
Mattia MorrettaFascicolo n.27, 1986, Enciclopedia Amare, Gruppo Editoriale Fabbri