Settimanale Mondo Padano, Nuova serie, Anno X, n. 14, 15 aprile 2022, Intervista a cura di Daniele Ardigò
Dottor Morretta, ci può delineare la genesi e le peculiarità di questo saggio?
Un libro è simile al desiderio di cui parla Dickinson in una lirica del 1873, un piccolo seme che cresce nel terreno interiore, incerto e inconsapevole di quando darà frutto: “quanta costanza va maturata / prima di vedere il sole”. Nel capitolo 16 (Scrivo dunque sono, anzi sarò), fornendo il lungo elenco degli autori di formazione di Brontë e Dickinson, sottolineo che per una pagina scritta di proprio pugno, ne vanno meditate centinaia altrui. Il mio incontro con le due Emily risale a decenni fa, un’immediata sintonia maturata quale parentela dell’anima perché entrambe mi hanno insegnato a vivere in senso figurato.
Quanti studi e ricerche ci sono in questo libro? Come si è sviluppato l’insieme di riflessioni?
Il testo è stato completato in circa un anno, ma sulla base di un ricchissimo materiale antecedente. Confrontando le carte e le storie mi sono apparse evidenti le somiglianze e le analogie utili per proporne una personale rilettura, distante dagli stereotipi accademici e dal confinamento nella letteratura “per donne”. Un riferimento è stato il saggio introduttivo di Guido Errante alle poesie di Dickinson, un canovaccio da me esteso a Brontë e arricchito con l’approfondimento tematico. Ho optato per il ruolo di specchio che riflette ora l’una, ora l’altra figura, facendole dialogare e corrispondere.
Da che cosa sono accomunate le due scrittrici? Che cosa le differenzia?
La contadina selvatica dello Yorkshire e la casalinga monacale del Massachusetts hanno in comune l’ambiente culturale e religioso, l’appartenenza alle famiglie più in vista di piccoli paesi immersi in una cornice naturale fondamentale per l’ispirazione. Non si sono in pratica allontanate dai luoghi di origine, eppure hanno spaziato mentalmente grazie alla biblioteca e allo studio. Zitelle per nascita e scelta, cagionevoli di salute e con anomalie caratteriali, hanno fatto della riservatezza una tattica difensiva e offensiva. Di Brontë abbiamo circa duecento poesie, a fronte delle quasi mille e ottocento di Dickinson, ma Cime tempestose è un romanzo immortale.
Può anticiparci alcune pagine più significative del libro?
Il saggio è strutturato in capitoli che affrontano temi fondamentali per le due Emily (provincia, famiglia, natura, legami affettivi, malattia, morte, solitudine), nell’ottica di evidenziarne il messaggio universale e l’esempio, poiché entrambe hanno sviluppato spirito critico e libertà di giudizio, proprio grazie all’assenza di rapporti sociali. Il capitolo più intenso affettivamente è l’undicesimo (Sisters: parlando da donna a donna), nel quale ricordo il legame trentennale tra Dickinson e l’amica-cognata Susan Gilbert, in particolare i versi del 1884: “Mostrami l’Eternità, / Io ti mostrerò la Memoria - / Entrambe giacevano in un unico involucro / E si rialzarono per tornare / Sii Sue - fino a quando sarà Emily - / E dopo - quello che sei sempre stata - Infinità”. Nel quindicesimo (Cronaca nera della premiata ditta letteraria Brontë) emozionano le frasi scritte da Charlotte il giorno dopo il funerale della sorella: “Emily non soffre più dolore o debolezza, ora. Se n’è andata dopo la sua lotta breve e dura. Sì, non c’è più Emily in questo tempo, né in questo mondo…”.