Alienazione e liberazione sessuale
Rivista Anarchica, N. 67, Agosto-Settembre 1978
Affrontare il problema del “battere” degli omosessuali (ricerca di partner per il sesso in spazi appositi) in termini politici con l’intento di dare soluzioni da supermercato, assolute e universali, è semplicemente assurdo. Chiunque abbia una minima conoscenza del mondo omosessuale sa quanto sia impossibile e mistificante prospettare una cancellazione di tale pratica. L’approccio moralistico ideologico è fuorviante, non rimane che quello analitico per tentare di sviscerare i vari aspetti della problematica.
Dietro il fenomeno stanno cause ben più profonde di quanto si possa credere guardando dall’esterno. Se di come-dove-quando si batte si sa molto, del “perché” si sa molto meno. Valgono alcune riflessioni di fondo per cominciare.
Anzitutto, nel fatto sessuale non possono essere la quantità e l’estemporaneità il metro di giudizio per siglare la nevroticità o la negatività, non è in termini di quantificazione o misurazione cronometrica che si può connotare l’alienazione del battere.
Per quanto in modo deformato e impreciso, nella dinamica sessuale degli “incontri” omosessuali si possono individuare elementi di liberazione da incrostature moralistiche, vedendovi in controluce un modo di porsi in rapporto con gli altri senza bisogno di giustificazioni o certificati di fiducia giuridica e economica e neppure del paravento dell’amore.
La sessualità può bastare a se stessa, in quanto comunicazione globale che va oltre lo schematismo del linguaggio verbale e si affida ai molteplici canali sensoriali (vista, tatto, udito, vocalità spontanea). Pertanto la frequenza e la durata del contatto sessuale non possono essere le coordinate cartesiane del grafico entro cui considerare la sessualità buona, sana, normale, al quadrato o al cubo. Non abbiamo più bisogno di questa propedeutica per una salutare vita erotica.
Al di là delle sue componenti organiche e psicologiche, la sessualità non ha e non può avere codificazioni espressive rigide o tempi di durata. Un rapporto erotico e amoroso può svilupparsi in un’ora come in un mese o un anno, senza per questo perdere o acquistare in qualità.
Questo discorso di fondo non inficia la presa d’atto della mancanza pressoché assoluta di tali presupposti nel fenomeno del “battere”. È palese infatti il carattere di sfogo esclusivamente fisico dei contatti nei luoghi noti agli omosessuali, come pure l’ossessività genitale dell’omoerotismo in quei contesti, che sostituisce al gioco fallico solo una nevrotica ricerca del pene consolatore e schiavizzante al contempo. Né va trascurata l’atmosfera in cui si compiono gli atti, carica di sensi di colpa, timori, vergogna per la propria condizione e per il sesso in sé, senza prendere in considerazione lo spazio logistico in cui si consumano.
In sostanza, non esiste in questa pratica la possibilità di realizzare incontri umani autentici e di vivere una sessualità non soggiogata alla morale sessuofobia dispensatrice di colpevolezza e paura. Estrapolando dalle situazioni contingenti se mai vi si può riconoscere gli spunti per una più ampia accettazione dell’erotismo umano nei differenti livelli possibili di interazione.
L’omosessualità stessa rappresenta in fondo l’affermazione (potenziale o effettiva) di un amore edonistico non finalizzato o strumentalizzato, il che fa degli omosessuali dei potenziali “sovversivi”, in quanto la coscienza di questa potenzialità accresce il senso della diversità” e la distanza dalla “normalità”.
In secondo luogo, in tutti i rapporti affettivi e sessuali è possibile individuare delle costanti che ne fanno momenti di nevrosi e dissociazione. In fin dei conti il “battere” non è che una esasperazione e una forma più evidente di alienazione sessuale, legata all’oppressione e alla emarginazione degli omosessuali, ricollegabile alla generale mercificazione delle relazioni interpersonali.
L’oggettivazione sessuale cui soggiace l’omosessuale e a cui sottopone i suoi partner, non è un dato caratteristico dell’omosessualità, anzi si potrebbe parlare di plagio dal comportamento eterosessuale maggioritario. La ruolizzazione tra omosessuali non è conseguenza del desiderio omoerotico, bensì dell’impostazione e della divisione per categorie operate dal potere eterosessuale.
La “prestazione” cui l’omosessuale pare indissolubilmente vincolato non è legato di necessità al bisogno libidico omosessuale. Tutto ciò lo ritroviamo, in modo più mascherato e più mistificato, nelle dinamiche eterosessuali.
Pur prescindendo dalla prostituzione femminile, che rientra nell’ambito della morale sessuale borghese centrata su monogamia e famiglia, e sorvolando sugli aspetti economici (anche a livello psicologico) dell’istituzione matrimoniale, lo squallore di tali realtà socialmente riconosciute è indubbio.
In tutti i rapporti interpersonali, nella ricerca di partner e nel vissuto affettivo tra gli individui, esistono meccanismi psicologici assimilabili alla mercificazione. Le donne non si “vendono” forse per il loro corpo? E non solo per le più sventurate che optano per la pornografia, la pubblicità e la moda. Ogni donna si “vende” in parte per il suo aspetto fisico, vivendo in funzione del desiderio maschile, facendo dell’essere ricercate e scelte la loro ragion d’essere.
Vivere in funzione di un soggetto desiderante equivale ad affermarsi come oggetto di desiderio. La donna sperimenta tale mercificazione quotidiana, come l’omosessuale si trova spesso ad impersonare la parte della donna-oggetto per avere un’identità sessuale, poi ugualmente negata perché l’omosessuale non può averne. Le donne “battono” adottando comportamenti atteggiamenti cosmesi modi di parlare e intere esistenze che concretizzano la loro commercializzazione.
Se essere alienati vuol dire vivere al di fuori di sé, nessuno può affermare di essere estraneo a questa drammatica condizione di “merce” in cui tutti viviamo. Non ci vendiamo forse ogni giorno per un po’ di sicurezza posticcia o per un po’ di compagnia?
Anche gli eterosessuali “battono” e si cercano secondo schemi che contemplano ogni gesto, tono di voce, atteggiamento. Pure i maschi eterosessuali sono dei fantocci che si ispirano al viriloide della cinematografia, oggi si vendono pure come progressisti femministi anti-maschi tutto compreso nel prezzo!
Questi nostri “compagni” di oppressione sono anche nostri tenaci oppressori, che ricavano gratificazioni e potere dalla condizione di burattini dell’ordine costituito. Noi omosessuali e le donne siamo la merce esposta sui banconi al mercato: chi compra è sempre “il maschio”, che ha i mezzi, benché a sua volta buggerato.
Al di là dei dovuti distinguo, quindi, non meravigliamo troppo dell’alienazione degli omosessuali che “battono” nei parchi, nei cessi, nei cinema al buio. Il mondo è pieno di gente che “batte” e si vende indossando gli abiti di Persona gentilmente offerti dal sistema. La nevrosi è universale perché universale è la repressione della sessualità.
Non è più il momento di chiedersi “che fare”, bisogna riscoprire il piacere di cercarsi in prima persona al di fuori di qualsiasi imposizione, oggettivazione, strumentalizzazione, come si addice ad ogni essere umano.
Mattia Morretta