Aids. Ritorno al passato
Babilonia, N. 126, Ottobre 1994 Intervista a cura di Giovanni Dall’Orto
Domanda: Come spieghi il fenomeno del contagio da Hiv nelle coppie monogamiche di giovani?
Risposta: Il fenomeno nasce da un meccanismo psicologico per cui lo sconosciuto è giudicato pericoloso mentre il non sconosciuto non lo è, per cui la promiscuità è cattiva e la coppia è buona di per sé, eccetera. Una scorciatoia che serve a ridurre il cambiamento nello stile di vita al minimo possibile, limitandosi agli aspetti superficiali, esteriori, in modo da continuare in sostanza a comportarsi come prima dell’avvento dell’Aids.
Domanda: Questo vale anche per i giovani?
Risposta: I giovani si affacciano alla vita sessuale con la forte esigenza di essere accettati e di trovare qualcuno da amare e da cui essere amati. Hanno un grande bisogno di avere fiducia e di abbandonarsi all’altro. Al tempo stesso hanno necessità di mettersi alla prova, fare esperienze e vedere cosa succede, per scoprire cosa significhi da un punto di vista pratico il loro desiderio. Inoltre, vivono l’interazione coi simili con diffidenza, perché le pulsioni omosessuali sono “pericolose” in quanto destabilizzanti e trasferiscono questa inquietudine all’esterno percependo gli altri come minacciosi. Molti adolescenti gay mi dicono che non vogliono frequentare gli ambienti e persino altri omosessuali. Questo accade perché paventano di veder confermati i loro stessi preconcetti e peggiori timori sul conto dell’omosessualità.Di fronte a tali angosce oggi come oggi hanno solo due opzioni: buttarsi a capofitto nella vita sessuale e sociale, oppure fare un compromesso pone al primo posto il legame sentimentale idealizzando la sicurezza amorosa senza verificala in concreto. Il conflitto tra vita sentimentale idealizzata e bisogni sessuali che non possono essere realizzati è tipico del periodo adolescenziale, ma è reso più acuto dagli slogan sulla opposizione tra occasionalità e coppia, che attribuiscono insicurezza alla prima e sicurezza alla seconda. Allora il giovane gay tenta di mettere insieme tutti gli elementi contrastanti col risultato del pasticcio cui assistiamo oggi.
Domanda: Perché si fidano del primo arrivato?
Risposta: L’intimità corporea genera fiducia, perché induce emozioni di abbandono all’altro. Ciascuno di noi desidera fidarsi delle persone con cui entra in intimità fisica, più ancora che con quelle con cui l’intimità è solo verbale. Da qui deriva una caduta delle barriere e del controllo. Se l’altro ti sembra abbastanza credibile, una valutazione fatta in modo grossolano per il desiderio di fare a meno del controllo razionale, vai oltre il sesso sicuro senza cercare una verifica realistica e senza pensare a effettuare test sierologici.
Domanda: Esiste in Italia il problema della promiscuità sequenziale?
Risposta: Parlerei di “monogamia transitoria”: i giovani gay hanno esperienze che definiscono di coppia e pertanto reputano sicure, credendo di “meritarselo” perché hanno buone intenzioni e non hanno una condotta pericolosa. Così alcuni di loro abbandonano precauzioni altri addirittura non si pongono nemmeno l’interrogativo. Ho visto tanti ragazzi sieropositivi a 20-24 anni, che avevano iniziato da poco l’esperienza sessuale. Alcuni uscivano da casa della mamma gettandosi nelle braccia altrui dopo aver chiesto solamente “Ma tu sei sieropositivo?”, senza alcun approfondimento. Altri si sono infettati dopo uno o due rapporti sessuali, non si può certo parlare di “promiscuità” nel loro caso!
Domanda: Ma se questi ragazzi sono così incoscienti, perché allora si preoccupano di fare il test?
Risposta: Qualcuno va negli Ambulatori perché non sta bene, ha dei sintomi e il medico curante gli propone di sottoporsi a esami. Altri perché hanno finalmente trovato un compagno che non vuole smettere le precauzioni se prima non fanno ambedue il test. Altri ancora perché all’Aids hanno in fondo on fondo sempre pensato e sanno di aver corso dei rischi, sanno che sarebbe stato necessario premunirsi e che per affetto o desiderio hanno trascurato le protezioni. Tutti hanno in comune una caratteristica: sono vittime dell’ideologia del momento sociale che cerca di convincerci del fatto che tutto nella vita si può avere senza fatica, che nulla richiede sforzo o sacrificio. Ad esempio, che si può consumare sesso senza l’impegno di maturare la scelta di una sessualità consapevole e responsabile, verso se stessi e gli altri.
Domanda: In questo non c’è anche una responsabilità del Ministero della Sanità che se n’è lavato le mani?
Risposta: La responsabilità c’è, non solo del Ministero, bensì anche di chi ha fatto prevenzione facendo apparire tutto troppo facile. Insisto: si sbaglia a far credere che la prevenzione sia “facile”, perché poi si pesca in un contesto che non aiuta i singoli a maturare e fare scelte, specie nelle fasi critiche della vita come l’adolescenza. Ci sono stati slogan di facciata, sicché le persone sono rimaste passive, adottando copioni della moda o tendenza. Ebbene: la prevenzione passa sì attraverso gesti attuabili subito, ma anche attraverso scelte che si maturano nel corso di anni. I gesti immediati (come l’uso del preservativo) servono a darmi tempo per vedere se la mia strategia di fronte alla vita può essere migliorata. Per questo determinate pseudo-scelte non reggono al passare degli anni e si hanno le cosiddette “ricadute” nel sesso non sicuro. Non sono state fatte scelte di vita, si è fatto di tutto per cambiare il meno possibile nello stile precedente di comportamento senza accettare la prova di rivoluzionarlo.
Nessuno vuole pensare che il cambiamento del “sesso sicuro” è per sempre, che Aids o no c’è una sfida evolutiva in gioco, nemmeno se l’Aids fosse sconfitto vi sarebbero alternative, perché ci sono mille altri “microbi” (a cominciare dal virus dell’epatite C) che sono già in attesa di prendere il posto dell’Hiv. Non possiamo insomma più accettare l’idea che si possa vivere una sessualità attiva senza tenere conto delle possibili conseguenze. Il periodo in cui si poteva farlo è finito per sempre e non si può tornare indietro. La vera opzione preventiva consiste nel ragionare via via che si cresce in termini di complessità dell’esistenza, mettendo in atto scelte sempre più complesse.
Domanda: Come valuti coloro che rassicurano il partner dicendo “va tranquillo, di me ti puoi fidare”?
Risposta: Chi dice una frase del genere è già inaffidabile, perché chi è credibile sa mettersi in discussione sul piano della realtà (in questo caso mediante accertamenti sanitari). La fiducia non può mai essere aprioristica e univoca, io che la chiedo devo essere capace di offrirla assumendomi la responsabilità. Purtroppo esistono molte persone che si sopravvalutano e si sentono invulnerabili, con una modalità molto infantile di rapportarsi alla realtà.
Domanda: Come credi si possa combattere il nuovo fenomeno dei contagi fra gli adolescenti gay?
Risposta: Credo che occorra creare più occasioni di confronto e discussione, mediante iniziative che vadano oltre la distribuzione di profilattici. Bisogna spingere i giovani a iniziare quel cammino, che dura anni, per maturare come omosessuali dotati di una identità gay, e come persone. Va cambiata la cultura in cui vivono facendo più lavoro sull’identità omosessuale. Più gli omosessuali sono “persone” e integrano la sessualità nella personalità, più riescono ad assumere responsabilità. Inoltre bisogna far sì che i luoghi d’incontro gay rispecchino la realtà della vita e non si basino esclusivamente sull’aspetto fisico. Bisogna smetterla di aver paura che la vita reale “sciupi” il sogno. Basta con il mondo gay come fiera delle vanità, in cui si esibisce l’apparenza esteriore come compensazione per frustrazioni e incapacità di accettarsi in quanto omosessuali!
Domanda: per concludere, secondo te i dépliant servono ancora?
Risposta: Molto poco.
Mattia Morretta